SOVRAINDEBITAMENTO: Importante Sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione con una sentenza definisce meglio i requisiti del soggetto che può affrontare il sovraindebitamento con un piano di ristrutturazione. Con una recente sentenza (n.1869 del 1.2.2016), la Corte di Cassazione prova a fare chiarezza sull’ambito in cui un soggetto che deve far fronte a un sovraindebitamento, ha facoltà di proporre o meno, il Piano del consumatore, l’istituto che consente a un debitore di stipulare un accordo anche senza il consenso dei creditori.

Con la succitata sentenza, i giudici della Corte Suprema, danno un’interpretazione della legge n.3 del 27 Gennaio 2012, definita anche ristrutturazione da sovraindebitamento, e stabiliscono il principio con cui individuare i requisiti che il debitore deve avere per avanzare una proposta di accordo per ristrutturare i suoi debiti. Per i giudici non è importante quale attività svolga il soggetto che propone il piano, purché i debiti siano stati contratti (si legge) “per far fronte a esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale, dunque anche a favore di terzi, ma senza riflessi in un’attività d’impresa o professionale propria”. Questo in altre parole significa che anche un lavoratore autonomo o un imprenditore, può utilizzare l’istituto del Piano del consumatore, ma solo per saldare debiti contratti in ambito personale o familiare e non debiti legati all’attività professionale svolta. Fino ad oggi il Piano del consumatore era riservato alle persone senza partita Iva che avevano contratto debiti legati alla loro vita privata, per esempio per aiutare un familiare malato, per ristrutturare la propria casa e in questo senso sono state anche emesse sentenze dai tribunali di Catania e Verona. I lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori non fallibili invece, i cui debiti sono un mix di debiti personali e debiti derivanti da attività di impresa, per affrontare il sovraindebitamento potevano solo usufruire della procedura che prevede un accordo con il 60% dei creditori e non anche del Piano del consumatore. Con questa sentenza la Cassazione prova a fare chiarezza sui quali siano i requisiti che deve avere un debitore per richiedere un piano di ristrutturazione per sovraindebitamento e distingue il debito in due tipologie: 1. Debito privato - 2. Debito imprenditoriale I giudici mostrano così di non condividere la restrizione della suddetta legge che definisce consumatore (cioè colui il quale può aderire al Piano) solo la persona fisica i cui debiti non sono stati contratti in attività di impresa. Per la Suprema Corte per essere consumatore non conta l’attività svolta dal soggetto debitore che propone il Piano ma la qualità del debito stesso. Il “consumatore” può dunque essere anche un imprenditore o lavoratore autonomo. Nelle sue conclusioni la Cassazione specifica anche quanto segue: “la nozione di consumatore (e, dunque, di soggetto abilitato al piano) non deve avere riguardo in sé e per sé ad una persona priva dal lato attivo di relazioni d’impresa o professionali, attuali o pregresse, purché le stesse non abbiano dato vita ad obbligazioni residue non ancora soddisfatte al momento della presentazione del piano”. Questo in altri termini significa che l’imprenditore o il lavoratore autonomo che vuole proporre un piano di ristrutturazione, se nel suo sovraindebitamento ha anche pendenze legate all’attività non è più “consumatore” e come non tale non può usufruire del Piano, ma per ristrutturare il debito dovrà ottenere l’accordo con il 60% dei creditori. La succitata sentenza si riferisce solo all’imprenditore sovraindebitato che intende proporre il Piano del consumatore, con l’applicazione delle relative restrizioni.

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